"Benvenuto in mia casa. Entrate e lasciate un po' della felicità che recate"
(Dracula)

giovedì 15 dicembre 2011

L'alloro è dei poeti

Tutto nasce da una storia d’amore, di quelle molto romantiche e molto tristi; narra il mito che Cupido, stanco delle continue derisioni da parte di Apollo, decise di combinargli uno scherzo davvero pesante: colpì il dio con una freccia d’oro facendolo innamorare della bellissima Daphne, ma la ragazza fu invece colpita da una freccia arrugginita che faceva fuggire l’amore. Sicché, Apollo era perdutamente innamorato di Daphne, ma lei non voleva saperne; anzi, quando vedeva Apollo cominciava a fuggire. Un giorno, mentre Apollo la rincorreva, Daphne decise di porre fine a quella storia, e chiese alla Madre Terra di aiutarla; allora Gea mutò la ninfa in una pianta di alloro. Quando Apollo la raggiunse, non poté far altro che abbracciare la sua amata che già si stava tramutando, guardandola negli occhi per un ultimo istante.

Da allora in poi, l’alloro divenne la pianta sacra di Apollo, che era anche dio dell’arte e della poesia; pertanto, i grandi poeti e i dotti hanno avuto l’onore di cingersi il capo d’alloro. In latino la corona di alloro era detta laurus o laurĕa, che indicava anche la pianta di lauro e, per estensione, la vittoria. Dalla parola laurĕa deriva il significato moderno.

Ieri è toccato a me mettermi in testa la corona, dopo aver finalmente conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione col voto di 102/110. A voi forse interesserà poco o nulla, forse la considerate la classica laurea “tanto per”, ma non fa niente. L’importante era quella corona, l’unico vezzo che ho voluto ad ogni costo. Perché l’alloro è prima di tutto una storia d'amore; perché l'alloro è dei poeti, prima ancora che dei laureati.


Certo, poi una laurea mica è da buttare…


“Va beh, lo ammetto che mi son sbagliato
e accetto il "crucifige" e così sia,
chiedo tempo, son della razza mia,
per quanto grande sia, il primo che ha studiato.”
- L’avvelenata (Francesco Guccini)


Mario Iaquinta

sabato 10 dicembre 2011

Roba da scrittori


Io non festeggio i compleanni, ma c’è una ricorrenza che mi piace ricordare. Un anno fa usciva un libro particolare, che magari in pochi conoscono ma che, a suo modo, è importantissimo: “Roba da scrittori – Il libro”, a cura di Antonio Schiena e Beniamino Soprano.

Voi direte “E quindi? Che c’è di speciale?”. Semplice: è una antologia di scrittori emergenti o presunti tali, che riescono ancora a scrivere per appagare sé stessi prima degli altri.
Già, scrivere: un gesto semplicissimo ma al tempo stesso importantissimo, tanto che è proprio la Scrittura che da la svolta alla cronologia e fa cominciare la Storia; un graffio leggero e suadente che sporca piacevolmente ciò che prima era di una purezza fastidiosa, un amore per la Parola che vive e si consuma nel tocco di una penna. Tutto questo c’è in questo libro, e io lo so bene perché ho avuto l’onore di parteciparvi. Un’esperienza piacevolissima che ha portato a contatto molti giovani aspiranti scrittori, che non si fermano qui. Stiamo provando a concedere il bis, e avrete presto nostre notizie.

Nessuno di noi avrebbe scommesso su un tentativo del genere, ma è andato modestamente bene e la cosa ci ha spronato ancora di più. In un mondo, quello editoriale italiano, sempre più in crisi e dominato dalle vendite dei “Fabii Voli” di turno noi abbiamo provato a creare una piccola scheggia, una variabile impazzita che magari non distruggerà il sistema come in Matrix, ma che comunque darà un po’ di soddisfazione a coloro che amano leggere e scrivere, regalando, si spera, qualche momento bello. Così si può vedere che internet non è solo il luogo dei finti vampiri o degli emo imprigionati in una solitudine di massa che fa tanto moda: si può sperimentare e noi lo abbiamo fatto, e lo rifaremo con un nuovo progetto, più ambizioso e innovativo. E sono sicuro che anche questo sarà, a suo modo, un successo. E poi, vuoi mettere la sensazione che provi quando accarezzi la copertina di un “tuo” libro?

Intanto uno dei curatori, Antonio Schiena, ha dato alle stampe la sua opera prima, “L’appetito dei sensi”, e posso assicurarvi che si tratta di un’opera meritoria.

Trovate qui il link per “Roba da scrittori – Il Libro” (http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=565234)

e per “L’Appetito dei sensi” di Antonio Schiena (http://lappetitodeisensi.wordpress.com/)

Mario Iaquinta

lunedì 28 novembre 2011

"Al mondo, tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine"


Il titolo è preso in prestito da Matrix: sono parole dell’Oracolo; certo, non è difficile fare l’Oracolo se devi dire cose così ovvie. Tuttavia, come dico sempre, le ovvietà sono le più grandi verità: dunque al mondo, tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine.

Vale per tutto, per ogni cosa, anche se non ce ne accorgiamo. Stamattina, mi sono reso conto che un’altra esperienza, una fra le più belle e soddisfacenti della mia vita, sta volgendo al termine. Sarò anche ripetitivo e rompiballe, ma si tratta del mio rapporto con L’Unical e la tesi di laurea. Stamattina ho consegnato le ultime copie della tesi.

Si tratta dell’ultimo atto da studente Unical (prima della seduta), e allora, da bravo romantico sentimentale quale sono, mi son fatto un giretto per i locali che sono diventati simbolo di questi tre anni e mezzo. Certo, a chi non frequenta o conosce quei luoghi le prossime parole non diranno niente, ma una passeggiata per il Ponte, su e giù nel cubo 18C, sedersi fra i banchi dell’aula N, scrivere “Procuste” sulla lavagna della F2, poggiare l’orecchio alla porta degli studi di un paio di prof, prendere un caffè alla macchinetta del 4° piano sono stati gesti belli e significativi.
Si tratta di gesti che hanno scandito l’ultimo periodo della mia vita, e perciò rifarli con la consapevolezza che si tratta dell’ultima volta è stato un piacere strano ma denso.

Certo, continuerò, per altri impegni, a frequentare quei posti. Rivedrò ancora l’aula N, la F2 e la macchinetta, ma la prossima volta che toccherò un banco, scriverò col gesso su una lavagna o berrò il caffè da 40 cent tutto ciò avrà un sapore diverso, perché io sarò diverso. Sarò lì in una veste nuova, quasi un corpo estraneo. Infatti stamattina quei locali erano pieni di gente che non conosco, che hanno “rubato” i miei luoghi e le mie abitudini.
Così, quando ho aperto la porta per uscire dal famigerato cubo 18C, c’era già quel sapore nuovo, conscio che al mondo, tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine. Speriamo solo che le cose belle abbiamo una fine altrettanto bella.

Mario Iaquinta

sabato 12 novembre 2011

Amici fragili

Sono stanco. Una volta una persona mi ha "dedicato" (forse, non ne sono neanche sicuro) "Amico fragile" di Fabrizio De André, motivando la scelta col fatto che è una canzone 'sui rapporti umani, difficili ma necessari'. Oggi riscopro che quella persona aveva ragione fin sopra i capelli (fortunatamente non è poi così alta...): i rapporti umani sono un tale casino!
Come si fa? Non c'è una guida, un metodo già scritto e preconfezionato, l'unica maniera sembra, fino a prova contraria, quella per prove ed errori. Ma se accetti un tale criterio devi accettare anche il fatto che alcune relazioni debbano interrompersi (per via degli errori, ovvio) e che quindi non te la devi prendere, perché è nell’ordine naturale delle cose.
Forse, non lo so.
Ma se è normale perché c’è tanta cattiveria? Gratuita, a piene mani, come se la maldicenza fosse un passatempo. E allora arrivi ad un punto in cui dici basta, vuoi mollare tutto e provare davvero ad ‘evapoara in una nuvola rossa, in una delle molte feritoie della notte’. Soprattutto per quelle persone con un “bisogno d’attenzione e d'amore troppo ‘se mi vuoi bene piangi’ per essere corrisposto”.
Ma ne è valsa davvero la pena “divertirvi le serate estive”? No, non credo, almeno a giudicare dai risultati. Poi – chi lo sa? – magari qualcuno mi conosce e a certe cose non ci crede, altri forse ci crederanno proprio perché mi conoscono.
E quindi? Dovrei chiedere scusa? Ok, chiedo scusa.
Dovrei ritirarmi? Ok, mi ritiro.
No, sto dicendo una marea di stronzate... Se qualcuno leggerà in queste righe una mia resa e vorrà cantare vittoria, lo faccia pure, ma ricordi Moby Dick: Acab sprofonda e muore insieme alla balena, perché senza di essa non vale più la pena vivere. Se io perdo, sei sicuro che tu vinci?
Ok, ho detto abbastanza fesserie per questa volta. Alla prossima (spero).

Mario Iaquinta

mercoledì 26 ottobre 2011

"Le strade del paesaggio" - V edizione


Come buona parte dei miei lettori sa, io sono uno studente in Comunicazione e DAMS, perciò tutto ciò che concerne la comunicazione e l’arte attira le mie attenzioni (è una specie di “deformazione professionale”).
Ed oggi voglio portare alla vostra attenzione un’iniziativa dell’ambito meritevole di essere conosciuta: “Le strade del paesaggio”.
È un festival promosso dalla Provincia di Cosenza che coniugando arti visive, musica, convegni e laboratori formativi elabora un percorso che punta decisamente alla cultura come motore dello sviluppo locale. Tema portante, dopo quelli delle figure di Alarico e Alessandro il Molosso, Annibale e la vita del condottiero africano.
Il programma, che mette in primo piano la “nona arte” (per gli ignoranti che non lo sapessero si tratta del fumetto…), quest’anno è più ricco che mai:
• Il 4 Novembre alle ore 17.30 ci sarà l’inaugurazione delle mostre presso il Museo delle Arti e dei mestieri di Cosenza. Una sarà dedicata all’indimenticato Andrea Pazienza, con ASTARTE E ZANARDI. ANDREA PAZIENZA AT THE WAR a cura di Marina Comandini Pazienza; le altre saranno specificamente incentrate su Annibale: ANNIBALE SEGNI E DISEGNI DI UN MITO, a cura di Tempesta Editore con testi liberamente tratti dai racconti di Paolo Rumiz e ANNIBALE DEGLI ELEFANTI, con opere di Aldo Barrese, Alessia Battaglia, Chiara Bongiovanni, Federica Castagnoli, Giuseppe Caputo, Giuseppe Filippelli, Ilaria Guarducci, Isabella Conti, Jole Savino, Marisa Vestita, Orazio Sparano, Oreste Tropea, Rosalia Santini. (Apertura da martedì a domenica - orari 10- 13/15-19)
• Sempre il 4 novembre, alle 19.00, ci sarà la performance “Sulle tracce di Annibale”, con Roberta Maddalena aka BIRO’ che disegnerà “live” sulle musiche di SUZe ALESSIO “MANNA” ARGENTERI.
• Il 19 novembre sarà inaugurata la mostra “Nostalgia Canaglia”, a cura di Luca Scornaienchi & David Vecchiato.

Ma non finisce qui! Perché nell’ambito del programma ci saranno anche due importantissimi laboratori. Uno di sceneggiatura con Sergio Nazzaro nei giorni 11-12-13 novembre e uno di disegno con Max Frezzato dal 24 al 27 novembre (per partecipare ai laboratori consultate il bando sul sito della Provincia di Cosenza).
E infine, il 27 novembre alle 15:00 un seminario sull’animazione 3D a cura di OGM Animation Studios.

E allora, più di questo?

Maggiori informazioni su www.lestradedelpaesaggio.com
e www.provincia.cs.it

Mario Iaquinta

sabato 22 ottobre 2011

I will meet Andy

Ebbene sì, il tempo è giunto: è arrivato il momento di incontrare Andy Warhol. Finalmente “I met Andy”, lo short movie (significa “cortometraggio”, ma in inglese è molto più figo…) di e con Annalisa Macchione per la regia di Elias Mulkanto, si mostra al pubblico.
Percorso lungo e difficile, ma la passione dei protagonisti del progetto è stata più forte di ogni ostacolo ed ha partorito qualcosa che qui a Cosenza non si vede spesso: un’opera artistica e culturale creata da giovani ragazzi pieni di voglia di fare. Oltre al regista Elias Mulkanto e alla sceneggiatrice/attrice principale Annalisa Macchione hanno partecipato anche Ovidio Morgos, Federica Imbrogno, Federica Caputo, Roberto Gentili, Francesco Orrico, Gaspare Guzzo Foliaro, Manuela Giardino, Adelmo Varca, Francesco D'Elia, Salvatore Lanzillotta, Claudia Marigliano, Amedeo De Seta, Lucy Impieri, Emilia Sapia e Noemi Mancini.



La presentazione dello short movie, seguita dalla prima proiezione e corredata da una mostra a tema, si terrà sabato 29 ottobre alle ore 18:00, presso il Caffè letterario di Cosenza. La serata sarà condotta da Emilio Sirianni e sarà presente lo staff di “I met Andy”, che vi offrirà pure un aperitivo. E allora che fate, non venite?

Mario Iaquinta

sabato 8 ottobre 2011

Epi to poly

Non è passato molto tempo da quanto un certo prof mi spiegava che la retorica è importante, ma con essa non si può far tutto perché è una “techne”, riguardante oggetti “epi to poly”, ovvero “per lo più”. Eh già, perché può capitare anche al retore più in gamba della storia (Aristotele stesso, Gesù o chi volete voi) di non riuscire ad essere “axiopistos”, degno di essere creduto, dunque di non convincere il suo interlocutore.

E c’è un caso in cui è matematico, 100%, che non ci si riuscirà: con gli ottusi, gente talmente affezionata ai propri vili schemi mentali da non volerci rinunciare mai, gente che confonde chi non vuole parlare con chi non ha nulla da dire. Il lato divertente della vicenda (sì, sarebbe divertente se non fosse da stupidi…) è che cotali persone hanno il gusto per i cavilli e la polemica che hanno portato all’Ars Retorica la cattiva fama di cui purtroppo oggi gode fra il grande pubblico.

Bisognerebbe dire a cotali persone che, se è vero che scopo della Retorica non è la verità assoluta “aletheia", è altrettanto vero che il suo scopo è comunque la verità, quella possibile e verosimile “eikòs”. Già, perché “per natura la verità e la giustizia sono più forti del loro contrario”.

Ma forse l’errore è del retore, perché come diceva Arthur Bloch: “Non discutere mai con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza”. E se così fosse, sarebbe un vero peccato.


Mario Iaquinta

P.S. Mi scuso per le infarciture di termini greci, ma una cultura ce l’ho anch’io (perché mi è stata trasmessa, come una malattia), ed ogni tanto è giusto che venga fuori.

lunedì 3 ottobre 2011

Eh già...

“Eh… uoeehhh”

“Eh già…”

“Eeehhhh!”

(Vasco Rossi in preda al lirismo poetico)

Non è da me fare crociate né prendere posizione così esplicitamente, ma questa volta mi sento di farlo. No, non sono un paladino della libertà di espressione né voglio gridare allo scandalo, ma solo dire che non ho alcuna stima per Vasco Rossi.

Certo, è tipico del personaggio il comportarsi sopra le righe: ha dei trascorsi che tutti conosciamo, posta video su Facebook per fare gesti col dito medio, critica i suoi colleghi (ultimamente se la prende con Ligabue: mi vengono in mente i capponi di Renzo…). Ma adesso ha fatto qualcosa che non doveva fare, un gesto che gli si sta ritorcendo contro in un grave danno d’immagine: ha querelato Nonciclopedia, la versione ironica e satirica di Wikipedia, ritenendo offesinvo quanto scritto sul suo conto.

Gli admin di Nonciclopedia allora hanno risposto con uno “sciopero”, oscurando il proprio sito per portare all’attenzione questo genere di comportamento da parte di chi, come Vasco, si prende troppo sul serio.

La rete e subito intervenuta sulla vicenda, e per Vasco è stato un duro colpo: su Facebook è un continuo prendere il giro il cantante, ironizzando sul suo evidentemente scarsissimo senso dell’umorismo.

Personalmente, sono anni che mi trovo davanti bimbominkia in venerazione per questo cantante, che personalmente definisco “il più grande equivoco della storia della canzone”. C’è chi lo chiama rocker, cosa su cui non sono d’accordo, ma le mie competenze musicali sono quelle che sono, per cui non mi addentro nel discorso. Diverso è quando lo sento chiamare “poeta”: poiché la mia tesi di laurea è sul cantautorato italiano, so qual cosina a proposito, e quando vedo espressioni come “VASCO ROSSI...L'unico poeta che avrei voluto studiare<3” il sangue mi si gela nelle vene.

Primo: per motivi semplicemente tecnici le canzoni non sono poesie, ma appunto canzoni (altrimenti si chiamerebbero “poesie” e non “canzoni”),e se la cosa vale per gente come Guccini e De André, figuriamoci per un monovocalico come Vasco Rossi; secondo, vederlo messo assieme a Dante, Leopardi e Carducci mi fa andare di stomaco, ed è offensivo per quei poveri poeti che in quanto defunti non possono esprimere il loro schifo, ma possono solo rivoltarsi nella tomba.

Oggi, il colpo d’artista: complimenti Vasco Rossi: già prima non mi stavi simpatico, adesso…

Mario Iaquinta

domenica 2 ottobre 2011

La saga del cavaliere sconfitto - Parte III

“Signore, Dio degli eserciti,

che colpa mi vuoi fare

se non ho mai preso un'arma

per farmi amare?

(Marianna Bucchich)

Il vento sferzava in una scena che sembrava rubata al Don Chisciotte: un uomo anziano, bardato di un armatura che sembrava fagocitarlo piuttosto che coprirlo, che cavalca un cavallo che si trascina; di fianco a lui, su una cavalcatura più minuta, un giovane quasi imberbe e privo di ogni arma e protezione.

Con una sola fondamentale differenza: il pazzo, quello che crede in cose in cui nessuno crede più, quello che vede le cose che nessuno ha mai visto, è il ragazzo. Il ragazzo non ancora cavaliere, che fa proprio ogni insegnamento del cavaliere non più ragazzo. E come ogni buon mentore, il vecchio non si esime dal compito, e proferisce al giovane parole necessarie per chi ancora riesce, in un mondo come questo dove i cavalieri cadono come i petali dei fiori appassiti al sole, a sperare e credere in qualcosa.

«Il segreto di ogni cavaliere è la sua arma. Non dovrai mai separarti dalla tua spada, poiché essa è la tua prima difesa e la tua ultima possibilità. Un cavaliere senza spada non è un cavaliere: senza di lei con può servire il Bene, non può difendere i deboli, non può combattere il Male, non può offendere i malvagi. La sua lama sarà il normale prolungamento della tua anima: se il tuo cuore è puro, la tua spada sarà giusta e servirà il Bene.

«Ecco perché ogni cavaliere dà alla propria spada un nome, perché non è un semplice oggetto. Essa ha il rango e la dignità di una nobildonna, il potere di una maga, l’amore di una donna. Fra la spada e il cavaliere nasce un rapporto amoroso, e quando la troverai te ne innamorerai, capirai che sarà lei la compagna della tua vita. Non potrai più vivere senza: vivrete e morirete insieme.»

(continua)

Mario Iaquinta

lunedì 26 settembre 2011

Maschere ed ipocriti


“Sono il mostro che si cela sotto la maschera del mostro”

- Dylan Dog

È vero, tutti portiamo una maschera, ma a ben pensare, il nostro stesso volto è una maschera. Ecco alcune riflessioni etimologiche che inducono a conclusioni di questo genere.

Il termine italiano “persona” ha una origine molto curiosa: viene dal latino “per-sonàr” ovvero “risuonare attraverso” e si riferisce al teatro (è lo stesso percorso etimologico alla base di “personaggio”), più precisamente alla grande maschera che gli attori indossavano quando agivano sulla scena; la maschera era grande per due ragioni: permetteva di riconoscere immediatamente il personaggio interpretato anche da lontano ma allo stesso tempo amplificava la voce dell’attore in modo che fosse udibile anche nelle ultime file. Ogni volta che parliamo di una persona, parliamo dunque di una maschera.

Ma c’è dell’altro, qualcosa di molto più interessante.

C’è una parola greca che fa riferimento anch’essa alla maschera teatrale ed al mestiere dell’attore (i quali sono in fondo nient’altro che bravissimi bugiardi): è “ypokritès”, e la parola italiana che ne è derivata è, come è facile intuire, “ipocrita”. Se mettiamo insieme le due considerazioni si forma un pensiero non certo lusinghiero, qualcosa che suona più o meno così: ogni persona è una maschera, e in quanto tale è naturalmente ipocrita.

Certo, poi c’è chi dell’ipocrisia ha fatto quasi un’arte, e questi “personaggi” meriterebbero quasi di essere omaggiati. Ma adesso sto esagerando, facendomi prendere la mano da avvenimenti personali…

Mario Iaquinta

mercoledì 21 settembre 2011

Le stelle cadenti

Più o meno un mese fa stavamo quasi tutti col naso all’insù per cercare una stella cadente. I più idealistici spesso a quelle scie appendevano un desiderio, sperando che gli astri potessero in qualche modo, dall’alto della loro “divina indifferenza”, interessarsi e mutare la situazione quaggiù.

Ma le stelle cadenti non fanno avverare i desideri: bastasse così poco, la vita sarebbe davvero meravigliosa. Esse attraversano il cielo in un fulgore romantico ed emozionante, vivono per qualche secondo e poi si abbandonano al declino, uscendo per sempre dal cielo che le ha ospitate, ma al quale non appartengono.

Ecco, anche le persone sono così: sono splendide stelle cadenti che attraversano la nostra vita con una fiamma calda e indimenticabile, ma prima o poi se ne andranno. Tutti escono dalla nostra vita, perché niente è per sempre su questo “atomo opaco del male”.

Sarebbe bello credere davvero che le persone compaiono nella nostra vita per insegnarci qualcosa, per adempiere ad una specie di missione e poi, a compito eseguito, se ne vanno con la coscienza a posto. Ma non è così, esattamente come le stelle cadenti che non attraversano il cielo per farci esprimere i desideri; esse brillano nella notte per una pura coincidenza, perché per caso uno sciame meteoritico si trova sull’orbita terrestre.

Si viveva bene prima di vedere una stella cadente, e si vive altrettanto bene quando questa si spegne senza i nostri desideri. Si viveva bene prima di conoscere una persona, si tornerà a vivere altrettanto bene anche senza di lei.

“Ho visto quell'astro brillare,

staccarsi per poi scivolare

fra il buio sui colli lontani.

La stessa medesima luce

l'ha vista morire il tuo sguardo:

nascon due nuove speranze

promesse all'unisono istante,

il tuo desiderio ed il mio

appesi ad un'unica scia.

Eppure son strade diverse

che invocano i nostri pensieri”

(San Lorenzo)

Mario Iaquinta

sabato 17 settembre 2011

Gli esami (non) finiscono mai

“Gli esami non finiscono mai” è una frase fatta che sentiamo ripetere quasi ossessivamente. Oggi mi permetto di dissentire (in tono ironico, ovviamente): gli esami finiscono, perché io li ho finiti!

È vero, mica si studia per gli esami, ma il fatto di aver adempiuto ad un obbligo che ci si è autoimposti riempie di soddisfazione e giusto orgoglio anche il più umile degli uomini (che non sono io, chiaramente). Quasi una sensazione di libertà, alla quale si mescola un po’ il rimpianto: è il segno che il “gioco” è finito, e un po’ mi dispiace perché questo “gioco” mi piaceva da matti.

Ma se gli esami davvero non finissero mai? Se questo “gioco” cambiasse le regole ma mi permettesse di continuare a giocare? Vedremo, ancora è tutto da decidere.

Tuttavia, sapere che si è fatto ogni passo giusto (certo, alcuni potevano andare meglio) dà lo slancio per andare avanti.

Già, il mio percorso verso la laurea manca di un solo, ultimo, importante gradino: la tesi. Nessun lavoro rivoluzionario, ma ho preferito concentrarmi su qualcosa che mi piace, così da lavorarci con piacere senza sentirne il peso.

Se tutto andrà bene “mi siederò” a dicembre, e mi piacerebbe che intorno ci fosse un po’ di neve.

Mario Iaquinta

lunedì 5 settembre 2011

Muoiono i cavalieri, non la Cavalleria


Il Cavaliere sconfitto è ancora in cerca delle sue avventure, ma nella sua prima apparizione abbiamo già scoperto come finirà. Con lui moriranno i cavalieri, sì, ma non la Cavalleria: gli ideali che mossero lui e uomini come lui, ciò che li spinse ad affrontare il mondo e le sue regole fatte male, il desiderio di lottare e conquistare qualcosa di migliore non moriranno mai. Perché muoiono le persone, non le loro motivazioni.

Continuare a lottare dunque. Ma tutti mi dicono (probabilmente a ragione) che è inutile: è già tutto deciso, Lei ha già deciso, e non c’è niente da fare. E allora dovrei arrendermi senza combattere? Deporre le armi (poche e non certo invincibili, vero) senza neanche averle usate? È un pensiero che la Cavalleria non può contemplare, che un cavaliere non può accettare.

Un cavaliere, un Romantico (seguace del Romanticismo vero) preferisce combattere e poi morire piuttosto che vivere in pace senza aver mai tentato, perché in tal caso sarebbe una vita privata del seme che la rende tale. E allora il cavaliere prepara le sue armi, affila la sua Calliope e cavalca verso la battaglia.

Se Morte sarà, sarà senza rimpianti.

Mario Iaquinta

venerdì 26 agosto 2011

The eXcellence

Ad alcuni potrà sembrare strano parlare di “eccellenze” in Calabria, ed è proprio per questi scetticismi che “The Excellence” diventa un evento importantissimo: in vetrina i prodotti migliori di quello che dovrebbe essere una delle punte di diamante della nostra terra, l’enogastronomia.

Le aziende enogastronomiche che parteciperanno offriranno ai visitatori degustazioni dei propri prodotti, ma “non di solo pane vive l’uomo”: sarà presente anche l’artigianato, nonché alcune opere del prof. Giovanni Apreda; ma sarà presente anche un altro “prodotto eccellente” della nostra terra: Maria Perrusi, Miss Italia 2009, madrina dell’evento.

Pertanto ci vediamo tutti il 3 settembre, presso la torre normanna di San Marco Argentano (CS). Si comincerà dalle 17:00 con la cerimonia di inaugurazione alla presenza delle autorità, con l’apertura al pubblico dalle 18:00 fino alle 2:00.

Per maggiori informazioni sull’evento, che sarà seguito anche dagli amici di WebRadio Luzzi, vi rimando al sito ufficiale, qui.

Mario Iaquinta

sabato 20 agosto 2011

La saga del cavaliere sconfitto - Parte II

“Non so se la speranza

Va con l'inganno unita:

so che mantien in vita

qualche infelice almen”

(Pietro Metastasio)

Il ragazzo non era più un ragazzo, ma non era ancora un cavaliere. Per diventarlo doveva prima diventare uno scudiero, lo sguattero di qualche ampolloso cavaliere vanitoso, più attento al proprio pennacchio che al proprio onore. Eppure, la prospettiva di raggiungere il suo sogno gli avrebbe permesso di ingoiare qualunque ingiustizia e di sottostare ad ogni subordinazione.

Ma c’erano altri ragazzi più giovani di lui, e i cavalieri scelsero quelli; lui non era più giovanissimo e nessun cavaliere avrebbe preso con sé un servo che poteva accompagnarli per un tempo più breve del dovuto. E così il ragazzo rimase da solo nelle stalle a piangere fra l’umido fieno; il ragazzo non era più ragazzo, il cavaliere non era ancora cavaliere, ma non era nemmeno un semplice scudiero.

Così, decise di sfogarsi tirando di scherma; trovò poggiata al muro una spada meravigliosa, e una volta assicuratosi che nessuno la venisse a reclamare cominciò a lottare contro i suoi nemici immaginari: il ragazzo mostrò una certa inesperienza nel maneggiare la spada, è vero, ma i suoi fendenti erano precisi e rapidi, di elevata eleganza. Quando si fu stancato ripose l’arma dove l’aveva trovata, e notò che un’ombra imponente lo copriva. Si voltò e vide un cavaliere completamente bardato nella sua armatura scintillante. La visiera si alzò e si videro due lucenti occhi celesti, molto curiosi e soddisfatti. Poco dopo anche l’elmo fu rimosso ed apparve un volto magro, dai lineamenti decisi e fieri, con i capelli leggermente imbiancati.

L'anziano cavaliere era tornato indietro perché aveva dimenticato la sua spada, poiché nessuno scudiero lo accompagnava; intuendo le possibilità del ragazzo gli propose di accompagnarlo, e i suoi risposero prima ancora delle parole, ed il vecchio cavaliere divenne il suo Mentore.

(continua)

Mario Iaquinta

mercoledì 17 agosto 2011

(E)state male

Lo so, il giochino di parole con “Estate” è vecchio come il cucco, me ne scuso. Ma visto che ormai il climax di Ferragosto è passato, lo posso dire: l’estate è una strana stagione. Simbolo delle vacanze per antonomasia, è il periodo a maggior rischio “sabato del villaggio”:

“Diman tristezza e noia
Recheran l’ore, ed al travaglio usato
Ciascuno in suo pensier farà ritorno.”

Già, perché dopo un anno di fatiche si cerca il riposo ed il divertimento, solo per accorgersi che ormai noi ci identifichiamo con le nostre fatiche. E allora ogni divertimento che arriva (sempre ammesso che arrivi…) ci lascia il sapore triste ed effimero di qualcosa che abbiamo cercato con forza ma che sappiamo non durerà. E, paradossalmente, rischia di aumentar lo sconforto piuttosto che il riposo.

Ma questo è solo l’effetto che questa strana stagione ha su di me, spero per voi che fra i flutti di un mare sporco o sulle petrose spiagge che pullulano di insidie taglienti i vostri pensieri siano più festosi, magari immersi in una Settimana Enigmistica.

Mario Iaquinta

lunedì 15 agosto 2011

La saga del Cavaliere sconfitto - Parte I

“La Speranza è un sogno fatto da svegli”

(Aristotele)

C’è stato un tempo, tanto tempo fa, in cui il cavaliere non era cavaliere, ma un semplice ragazzo come gli altri. E come tutti i ragazzi egli aveva voglia di credere in qualcosa, di sperare in qualcosa. E fu così che un giorno, leggendo le storie dei secoli perduti, la sua giovane mente fu fulminata dalla speranza di diventare un cavaliere; doveva essere lì il senso della vita: un’avventura continua, ideali da perseguire, cattivi da sconfiggere, buoni da aiutare. Sì, in quella vita c’era l’essenza stessa della Vita, perciò avrebbe fatto di tutto per diventare un cavaliere.

Nei duri anni di addestramento a sorreggerlo fu solo la Speranza di vedere un giorno l’avverarsi del Desiderio. Ma era difficile: il Codice da imparare a memoria, prendersi cura delle armi e dell’armatura, governare il suo cavallo, le regole d’onore in un duello…

Ma un giorno, quando il cavaliere non era cavaliere ed il ragazzo non era più un ragazzo, l’addestramento finì. Il suo petto si gonfiò del sano orgoglio di chi ha perseguito un obiettivo e una volta raggiuntolo si guarda alle spalle a contemplare il percorso. Sarebbe divenuto un cavaliere: quanta importanza potevano avere le sofferenze di fronte a questo risultato?

Quella notte, quando si addormentò, sognò di avventure grandiose, di duelli epici, di fate e di mostri. Ma il risveglio fu, come tutti i risvegli, tragicamente violento. Gli anni di addestramento non avevano fatto di lui un cavaliere, ma uno scudiero. Ed ora, la sua speranza di diventare un vero cavaliere era appesa alla volontà di altri: ora doveva sperare che un cavaliere (uno di quelli veri) lo scegliesse come scudiero, altrimenti il suo sogno sarebbe finito lì, prima di cominciare.

(continua)

Mario Iaquinta

venerdì 12 agosto 2011

Il cavaliere sconfitto


“Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori,

le cortesie, l'audaci imprese io canto”

(Orlando Furioso – Ludovico Ariosto)

L’ultimo dei cavalieri vagava solitario nelle pianure assolate e fra i fiumi di fango. Niente lo fermava, perché c’era una forza misteriosa a spingerlo, una motivazione forte: la sua dama. Come ogni cavaliere le sue imprese erano consacrate ad una nobildonna, la Signora, che era il suo unico motore. Cavalcava senza meta con la sola compagnia della sua spada Calliope e del suo destriero Ippocrene, compiendo gesta coraggiose per giungere infine da lei con la dignità di un cavaliere vero, l’unico che avrebbe potuto sperare di intaccare il cuore della Signora.

Affrontò la solitudine dei deserti di ghiaccio e il clangore delle città malfamate, le torture della lontananza e gli attacchi della follia, le ferite delle parole e il sangue delle lame. Ma ne era sempre uscito vincitore: grazie a Calliope, che era stata la sua salvezza in ogni circostanza, la via di fuga da ogni pericolo mortale; il cavaliere sentiva di essere invincibile con la sua arma in mano.

Infine, quando si ritenne pronto, si presentò al castello della Signora, a offrire a Lei i suoi servigi, a donarle ciò che di più caro e prezioso aveva: la sua Calliope.

Ma la Signora rifiutò.

Era stato tutto inutile: le battaglie e le ferite non avevano senso, l’armatura e il suo destriero non erano bastati, persino la sua spada non era stata efficace; eppure, Calliope era la sua unica arma, la sua unica ricchezza. Così, il cavaliere che aveva vinto ogni battaglia si ritrovò sconfitto: una sola volta, ma fu quella decisiva; vinte le battaglie, ma persa la guerra.

Il cavaliere sconfitto non si scompose. Si volse e se ne tornò nella radura e lì, dove la Signora non poteva vederlo, si spogliò dell’armatura e, ancora in sella ad Ippocrene, prese la sua Calliope e si trapassò il petto, indegno di vivere se privato della stessa ragione di vita.

Così, l’ultimo dei cavalieri morì trafitto dalla spada di un cavaliere.

Mario Iaquinta

martedì 9 agosto 2011

Art & Beneficenza

L’arte è un valore a prescindere, ma quando ad essa si unisce la generosità della beneficenza il connubio diventa molto prezioso. È questo il caso di “Art&Beneficenza”, evento artistico ideato per sostenere e non dimenticare la gente che soffre e che lotta per un futuro di speranza attraverso un inno alla vita: la danza.

Sarà portato in scena uno spettacolo artisticamente valido e ben preparato, le cui coreografie attraverseranno tutti i repertori, sia classico che moderno, con la partecipazione dei migliori ballerini provenienti dalle principali scuole e compagnie di danza della Calabria. Saranno presenti: la Giovane Compagnia Arte Danza diretta dal maestro Giovanni Calabrò; La New Word Ballet diretta da Bruno Verzino, il Balletto di Calabria diretto da Massimiliano de Luca e Anna Pignataro, L’Atzewi Dance Company diretta dal coreografo Alex Atzewi. Saranno presenti inoltre danzatori ospiti provenienti dal Teatro dell’Opera di Roma e dal Teatro alla Scala di Milano.




Alessandro Rende - Direttore Artistico dell'evento.
La direzione artistica sarà curata da Alessandro Rende (giovane grimaldese, affermato danzatore del teatro dell’opera di Roma) mentre l’organizzazione è a cura del Comune e della ProLoco di Grimaldi.

L’ingresso sarà gratuito e l’intero ricavato delle donazioni verrà devoluto all’AIRC (associazione italiana ricerca cancro), perciò accorriamo numerosi a Grimaldi giovedì 11 agosto alle ore 21,00 in piazza G.Mancini.

Per maggiori informazioni vi rimando al profilo Facebook dell’evento, qui.
Mario Iaquinta

giovedì 4 agosto 2011

I sogni son desideri. Ma anche no.

Sogno” è una gran brutta parola (avrei preferito dire “significante”, ma non tutti sanno cosa sia). Essa indica generalmente due cose: 1) visione onirica durante il sonno e 2) per metonimia le nostre speranze, desideri ed ambizioni (come il famoso sogno nel cassetto).
(*)
Il lato curioso della cosa nasce se si pensa che i sogni (visioni oniriche) nascono per rimanere pura immagine irreale, mentre i sogni (speranze) ambiscono a diventare concreti; inoltre, e qui sta il paradosso, alcuni sogni (visioni oniriche) ci sembrano così reali da crederli veri, al contrario dei sogni (speranze) che spesso e volentieri non si attueranno mai (non fate quella faccia: chi di voi è davvero diventato l’astronauta delle speranze infantili?).

E allora, a noi non resta che goderci il vero che alberga nei nostri sogni (visioni oniriche), e buona notte.

Solo nei sogni
posso sognare
il sogno mio.
(Il sogno e l’incubo)
Mario Iaquinta

(*) Image by calydelphoto (Creative Commons License - CC BY 2.0)

sabato 30 luglio 2011

Considerazioni di cattivo gusto sulle vacanze

I miei impegni per questa stagione sembrano terminati, pertanto dovrei essere ufficialmente in vacanza. Bello, no? Beh, insomma…
Dopo quattro giorni senza “studiare” (per “studiare” in questa sede intendo il produrmi in attività celebro-intellettuali di qualsivoglia natura) stavo impazzendo. “Il tempo sembra non passare mai se non studi” diceva un mio amico, ed ha ragione. Questo però va contro il concetto stesso di vacanza.
“Vacanza” viene dal latino “vacans”, participio presente di “vacare”, ovvero essere vacuo, vacante. Quindi, si potrebbe dire che le vacanze ci rendono “vuoti”.

(*)
Ecco, sotto l’ombrellone (o magari mentre vi strafogate di insaccati all’ombra di un pino di montagna) pensate a questa sfumatura: apprezzerete di più il vostro lavoro; d’altronde, ci rendiamo conto del valore delle cose quando non le abbiamo più.

"Morì il tempo,
e il desiderio spento
d'una diversa vita.
Cedette lo sguardo
alle pallide Erinni
la potestà del senso,
rendendo fragile
l'ultimo raggio di luce."
(L'ultimo giorno d'estate)

Mario Iaquinta

(*) Image: Krystn Palmer Photography (Creative Commons License - CC BY-SA 2.0)

martedì 26 luglio 2011

MARS & VENUS

Adoro avere l’occasione di non tediarvi con i fatti miei e di parlarvi invece della cultura che si muove e che ogni tanto emerge nella nostra città. Oggi vi parlo di “Mars & Venus – non solo uno snack e un rasoio da donna”, il nuovo libro edito da Pellegrini e firmato Manuela Giardino.
Manuela è una giovane scrittrice cosentina, e dopo le fatiche di “100 volte t’amo” e “I cinici” si ripresenta con “Mars & Venus” (per gli ignoranti, significa Marte e Venere, con esplicito riferimento a Uomo e Donna…), un libro interessante che esplora in modo decisamente sui generis il rapporto di coppia, che viene raccontato attraverso una serie di aneddoti che dimostrano come uomini e donne siano fatti per andare d’amore e d’accordo ma senza rischiare la noia.


L’opera verrà presentata giovedì 28 luglio alle 19:00 presso il terrazzo della Casa Editrice Pellegrini in via F. Camposano (ex via De Rada) a Cosenza. Oltre all’autrice ci saranno Antonietta Cozza, Angelo Greco ed Emilio Sirianni. Ma non finisce qui, perché come si conviene ad un libro “particolare” anche la presentazione sarà “particolare”: ci sarà il piano bar a cura di Danilo e a seguire la cena presso il ristorante “La corte dei boschi” a Pianette di Rovito.
Per info vi rimando al gruppo di Facebook (qui) e al relativo evento (qui)

Mario Iaquinta

sabato 23 luglio 2011

La mancanza

Dicono sia da sciocchi sentire la mancanza di qualcosa che non si è mai avuto; dunque sarebbe altrettanto da sciocchi sentire la mancanza di una persona che non hai “avuto”. A dire il vero, le persone non si “hanno”, ma non trovo un altro modo per esprimere il concetto: avvertire, e pure pesantemente, la mancanza di una relazione che non c’è mai stata, di un sottile contatto con una persona desiderata.
Eppure c’è: la sensazione, questa specie di strana nostalgia, c’è e fa male. Perché? E che cosa fare? Non lo so, se lo sapessi non mi sentirei così:

“Mi manchi, ed è ridicolo
sentire ardente il vuoto
in questo cuore pallido
di un sentimento ignoto.
Mi sembra strano dirtelo
perché non ti ebbi mai
perciò non dovrei perdermi
in questi oscuri guai.”
(Mi manchi)
Mario Iaquinta

giovedì 14 luglio 2011

Gli Occhi

“Quando gli occhi dicono una cosa e la bocca un'altra, l'uomo avveduto si fida del linguaggio dei primi.”

– Ralph Waldo Emerson

Quello che avete letto in alto è uno dei tanti pensieri che gli uomini hanno dedicato agli occhi, custodi degli sguardi. Certo, l’occhio possiede un grande fascino che le parole, che certo con gli occhi c’entran poco, fanno fatica ad esprimere a dovere.

Le parole vanno pensate, articolate e poi prodotte, mentre gli occhi, che pur son muti, riescono a fare tutto questo in modo tanto naturale e spontaneo che ci risulta straordinario. Non so che cosa voglian dire gli occhi, né come facciano a dircelo, ma rimane il fatto che ci riescano, e noi ne subiamo il fascino. Gli occhi, dunque, sembrano essere ben più di meri organi costruiti per assolvere ad una funzione.


«Ma cosa vuoi che siano due occhi! Gli occhi sono occhi, ce li abbiamo tutti, non hanno niente di speciale!»

«No, non credo. Proprio perché ce li abbiamo tutti, essi diventano personali, intimi. Per questo i suoi occhi saranno per sempre i suoi occhi; per questo io non vorrò niente che non sia i suoi occhi»

giovedì 7 luglio 2011

Il 7/7 alle 7:07

« Sono libero il 7/7 alle 7:07! » (Bruce Nolan)

« E il 7/7 alle 7:07 sarà » (Dio)
– da “Una settimana da Dio”

Oggi è il mio compleanno. Auguri. Grazie.

Sì, scusate, non riesco a metterci grande entusiasmo, ma chi mi conosce sa che non sono il tipo. Anzi, ad essere del tutto sinceri il compleanno mi deprime anche un po’: è la manifestazione anagrafica del tempo che passa, la vittoria degli Eventi sull’uomo. Difatti non festeggio mai i compleanni.

C’è chi mi dice che dovrei farlo, perché devo festeggiare il fatto che sto qui su questa terra. Se volessi fare il pessimista incallito basterebbe dire che non c’è nulla da festeggiare, ma preferisco dire che la mia presenza qua sopra non è merito (o colpa, questione di punti di vista) da imputare a me.

Ma adesso basta fare il piagnone, e voglio ringraziare tutti quelli che, fosse anche solo per gentilezza, hanno voluto farmi gli auguri. Voglio ringraziare anche Zuckemberg per aver inventato Facebook, che permette a tutti di sapere e di ricordarsi del mio compleanno.

Comunque, per la cronaca (lo so che ve lo state chiedendo tutti) sono 23.

lunedì 4 luglio 2011

I MET ANDY... and you?

“Non è forse la vita una serie d'immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?”
– Andy Warhol
Annalisa Macchione
Oggi non parlo dei fatti miei, ma di un progetto di alcuni miei amici molto interessante. Parlo di “I MET ANDY”, cortometraggio ispirato all’artista americano Andy Warhol. Dopo una lunga attesa, quest’opera sta per arrivare, ed abbiamo una data: ottobre 2011.
È la trasposizione filmica di una visione onirica della sceneggiatrice (nonché attrice principale) Annalisa Macchione; “trasposizione filmica di una visione onirica” è un modo altisonante per dire che se l’è sognato e poi c’ha fatto un film.
Hanno partecipato al progetto: Elias Mulkanto, Annalisa Macchione, Ovidio Morgos, Federica Imbrogno, Federica Caputo, Roberto Gentili, Francesco Orrico, Gaspare Guzzo Foliaro, Manuela Giardino, Adelmo Varca, Francesco D'Elia, Salvatore Lanzillotta, Claudia Marigliano, Amedeo De Seta, Lucy Impieri, Emilia Sapia e Noemi Mancini.
Voi direte: ma a te che te ne frega? Ora ve lo spiego: qui in Calabria, a Cosenza, è difficile realizzare arte, promuovere cultura; pertanto, quando un gruppo di ragazzi si mette insieme intorno ad un’idea e con le proprie forze decide di realizzare un progetto, si può essere d’accordo o no, ma bisogna sostenerli. E poi li conosco, so che non deluderanno. Inoltre, al DVD del cortometraggio sarà allegato un libro con le foto e gli aneddoti del backstage.





I MET ANDY... and you?
Per news ed aggiornamenti vi rimando alla pagina Facebook del corto, qui;
ed al blog "Rassegne Strambe".

sabato 2 luglio 2011

I segni del Destino

“Il carattere di un uomo è il suo destino” - Eraclito

Potrei cominciare dicendo che l’umanità si divide in due grandi categorie (categorie modificabili di volta in volta in base all’occorrenza); oggi la dividiamo in “quelli che credono nel Destino” e “quelli che non ci credono”.

Dove mi pongo io? Ultimamente mi viene un po’ difficile dirlo con certezza, ma tendenzialmente mi ritrovo nel secondo gruppo, “quelli che non ci credono”. In “Matrix”, Neo diceva che ‘non gli piaceva l’idea di non poter gestire la sua vita’, e un po’ lo penso anch’io: sono le nostre scelte, giuste o sbagliate che siano, che ci costruiscono e ci formano, e se affidiamo al Destino l’unica cosa che possiamo fare (scegliere), allora è inutile tirare a campare.

Delle volte però sembrano apparire segnali, suggerimenti sparsi nella nostra vita che dovrebbero spingerci a prendere una decisione piuttosto che un'altra: quello che la gente del primo gruppo, “quelli che credono nel Destino”, chiamano “segni del Destino”.

Ma forse ha ragione Eraclito, che il destino di un uomo è il suo carattere, che è alla base delle proprie scelte e dei propri comportamenti. Comunque sia, per quanto mi riguarda, più che i segni del Destino preferisco affidarmi all’Istinto, con la triste costatazione che spesso le due cose sembrano coincidere.

venerdì 1 luglio 2011

I poeti maledetti

“Non vedo il motivo di etichettare ogni cosa. Io sono io…” (Vicky Cristina Barcelona)

Sarà forse per l’aria da pasciuto cretino (un po’ alla Benedetto Croce) ma la gente che mi gira intorno pare tenda a vedere in me qualcosa di intellettuale. Io generalmente me lo spiego in due modi: gli occhiali, che si sa fanno sempre sembrare una persona più intelligente, e la smodata voglia di prendermi per i fondelli.

Sì, lo ammetto: i miei interessi possono portare a pensare questo. Il piacere per la lettura, per i miei studi e per la poesia può indurre a queste conclusioni. Ecco, la poesia merita un discorso a parte. I miei gusti mi portano a prediligere la poesia romantica, ottocentesca, in particolare italiana e francese; se a questo aggiungiamo la mia visione del mondo, che potremmo definire eufemisticamente “pessimista”, ecco che arriva subito la nomenclatura di “poeta maledetto”.

Ora, precisiamo una cosa: i poeti maledetti vivevano agli eccessi, galoppando verso l’autodistruzione, cosa che mi guardo bene dal fare. Detto questo, io non posso intervenire nella vostra visione del mondo e dunque anche nella vostra visione di me. Pertanto, se volete, continuate a considerarmi “poeta maledetto”, ma lasciate che almeno vi dia un pretesto:

“E' questo che dite voi "mondo"?

Illusi pensieri di sciocchi,

credete a costrutti e strutture

che vostre patetiche menti

si creano per darsi una gioia

che finta consoli la notte.

La cosa che rende reale

la nostra miserrima vita

quantunque voi ne crediate

è il dolore, l'arcano mistero

che a gli uomini è dato portare.

E quando il dolore svanisce

non siate contenti davvero:

soltanto è concesso il riposo

dall'umana pena ai defunti.”

(da “La nullità” – M. Iaquinta)


"Poeta" forse, ma visto l'andar delle cose, "maledetto" sicuro.

giovedì 30 giugno 2011

Il poeta senza parole

C’era un poeta, contento del suo mestiere: egli vedeva il mondo coi suoi occhi lucidi, e tutto sembrava risplendere della luce più semplice e pura. Si divertiva a cantare la bellezza, a dedicare dei versi alle sublimi creazioni della terra. Tutto appariva magico, ed egli disponeva le sue parole cercando il modo di far riemergere queste sensazioni, queste emozioni. Il dono di un poeta è proprio questo: riuscire ad esprimere con le parole ciò che per altri diventa difficile, se non impossibile, da dire. E lui aveva questo dono, e gli piaceva; vagava sulla terra convinto che questo fosse il suo scopo, portandosi dietro una borsa di parole che sembrava inesauribile. Quelli erano i bei giorni del poeta. Finché …

Un giorno il poeta vide qualcosa di bellissimo, stupefacente, meraviglioso, ed era lei. Lei era semplicemente troppo bella: troppo bella per un solo sguardo, troppo bella per questo mondo infame, troppo bella affinché esistessero parole capaci di descriverne la bellezza. Per la prima volta nella sua vita il poeta rimase senza parole.

Gran brutto guaio: le parole erano la sua unica ricchezza, l’unica sua forza. Provò ad avvicinarsi a lei ed aprì la bocca, ma fu inutile: le labbra si muovevano, il fiato colorava l’aria ma non uscivano suoni, non uscivano le sue amate parole. Il dolore fu atroce: finalmente aveva trovato la cosa più bella ma le parole non gli obbedivano più, e dentro il fuoco avvampava senza trovare sfogo. E lei, che vedeva un uomo sconosciuto prostrarsi a terra senza dire niente non poteva comprenderlo, così voltò le spalle e se ne andò via, per sempre.

Senza di lei non aveva senso la poesia: il poeta si spogliò di quelle inutili e ridicole parole e rinunciò al suo dono, che benché divertente s’era dimostrato inutile e insufficiente. Aveva fallito nell’unica cosa per la quale valesse davvero la pena.

Perché Mitomane?

Mitomania: “Tendenza talvolta morbosa a raccontare fatti puramente fantastici facendoli passare, più o meno coscientemente, per veri, spec. al fine di attirare su di sé l'attenzione o la stima degli altri” (Dizionario Hoepli.it)

Forse vi starete chiedendo perché ho deciso di intitolare questo blog “Il Mitomane”. Di sicuro non è un appellativo onorevole, ma nel corso degli anni questo è diventato quasi il mio secondo nome, e non riuscirei ad immaginarmi senza.

In breve, io conduco (insieme a validi collaboratori) un programma alla radio della mia università; questo programma si occupa di mitologia in chiave ironica e divertente, pertanto nessun titolo sarebbe stato più azzeccato de “Il Mitomane”. Ormai sono tre anni che faccio questo “mestiere”, e poiché il programma è nato da una mia idea originale, "Il Mitomane" è diventato nell’ambiente ilmio soprannome.

E poi, c’è dell’altro: rileggete la definizione in alto. “Raccontare fatti puramente fantastici facendoli passare, più o meno coscientemente, per veri”. Non è forse questo il lavoro di chi scrive? Non deve lo scrittore rendere reali mondi che sono immaginari? È per questa visione romantica che mi piace essere chiamato Mitomane.

E poi, così posso dire tutto quello che voglio, anche le cose più abbiette, tanto nessuno mi crederà mai. Perciò, leggetemi come un passatempo.

mercoledì 29 giugno 2011

BENVENUTI

Voi inglesi avete un detto che mi è assai caro, poiché risponde allo stesso spirito che governa i nostri boyar: "Sia benvenuto all'arrivo chi si affretterà a partire"

- Dracula

Cari visitatori di questo blog, è un piacere darvi il benvenuto in questo spazio; a dispetto della citazione iniziale, rimanete quanto tempo volete: non siamo né in Transilvania né in Inghilterra.

Dopo queste righe di buona educazione vi aspetterete di leggere la motivazione che mi ha spinto a creare un blog che probabilmente mai nessuno leggerà. Ecco, vi accontento: io adoro scrivere, in ogni sua forma; mi piace l’idea che si possano fabbricare parole e con esse costruire un mondo che rispecchi esattamente le mie volontà. Già, perché in una vita così grama, almeno nella scrittura posso fare in modo che tutto vada esattamente come voglio io.

Ma voglio dirla tutta: l’idea è di un mio amico, Franco, che conoscendo questa mia viscerale passione mi ha scritto: «Mario, pensavo... potresti aprirti un blog... dove scrivi i tuoi pensieri... pubblichi note, poesie... penso che sia un buon modo per farsi conoscere! Pensaci.»

Ora, per come la vedo io, a me basta scrivere: che leggiate o meno fa poca differenza; ma se volete che l’idea di Franco vada in porto, allora forse è meglio che qualcosa da qui la leggiate.

Voglio in chiusura riscrivere le parole di Dracula, dicendovi che è 'benvenuto chi preferirà rimanere almeno un po' '. Prego.

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