"Benvenuto in mia casa. Entrate e lasciate un po' della felicità che recate"
(Dracula)

venerdì 12 agosto 2011

Il cavaliere sconfitto


“Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori,

le cortesie, l'audaci imprese io canto”

(Orlando Furioso – Ludovico Ariosto)

L’ultimo dei cavalieri vagava solitario nelle pianure assolate e fra i fiumi di fango. Niente lo fermava, perché c’era una forza misteriosa a spingerlo, una motivazione forte: la sua dama. Come ogni cavaliere le sue imprese erano consacrate ad una nobildonna, la Signora, che era il suo unico motore. Cavalcava senza meta con la sola compagnia della sua spada Calliope e del suo destriero Ippocrene, compiendo gesta coraggiose per giungere infine da lei con la dignità di un cavaliere vero, l’unico che avrebbe potuto sperare di intaccare il cuore della Signora.

Affrontò la solitudine dei deserti di ghiaccio e il clangore delle città malfamate, le torture della lontananza e gli attacchi della follia, le ferite delle parole e il sangue delle lame. Ma ne era sempre uscito vincitore: grazie a Calliope, che era stata la sua salvezza in ogni circostanza, la via di fuga da ogni pericolo mortale; il cavaliere sentiva di essere invincibile con la sua arma in mano.

Infine, quando si ritenne pronto, si presentò al castello della Signora, a offrire a Lei i suoi servigi, a donarle ciò che di più caro e prezioso aveva: la sua Calliope.

Ma la Signora rifiutò.

Era stato tutto inutile: le battaglie e le ferite non avevano senso, l’armatura e il suo destriero non erano bastati, persino la sua spada non era stata efficace; eppure, Calliope era la sua unica arma, la sua unica ricchezza. Così, il cavaliere che aveva vinto ogni battaglia si ritrovò sconfitto: una sola volta, ma fu quella decisiva; vinte le battaglie, ma persa la guerra.

Il cavaliere sconfitto non si scompose. Si volse e se ne tornò nella radura e lì, dove la Signora non poteva vederlo, si spogliò dell’armatura e, ancora in sella ad Ippocrene, prese la sua Calliope e si trapassò il petto, indegno di vivere se privato della stessa ragione di vita.

Così, l’ultimo dei cavalieri morì trafitto dalla spada di un cavaliere.

Mario Iaquinta

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