Oggi è la volta di Tristano, nome che significa “tumultuoso”, ma anche “triste”.
“Ascoltavo una canzone, di quelle metal che la gente associa al Demonio; sono cazzate, il Demonio non c’entra. Così come non c’entrava nell’ode A Satana di Carducci. Ci vuole un po’ di intelligenza, ma poi ci arrivi e lo capisci…
Stavo dicendo: ho ascoltato una di queste canzoni: stupenda, un testo splendido. Una frase, un verso mi ha colpito, e più o meno recitava così: “Non mi sveglierò per veder nascere una nuova rosa nera”. Io lo trovo sublime, e vorrei tanto averlo scritto io. Perché è quello che sono, quello che sono diventato. No, io non sono la rosa nera, io sono quello che non vuole svegliarsi per essa. Perché sono stanco di questo giardino asfittico che mi circonda, dove il colore muore e le uniche venature sono le gocce di sangue sulle spine. No, basta: un’altra rosa nera non la posso sopportare.
Non ho mai chiesto alla vita di rendermi felice, non sono mai stato così stupido. Non volevo l’Eden intorno a me: mi sarei accontentato di un giglio qua e là, gettati alla rinfusa in un anonimo verde insapore. Invece sono circondato dal buio di un roseto sporco, dove la luce perde ogni sostanza. Darei il mio sangue per colorare di rosso uno di questi fiori, per riuscire a spezzare questo umore monotono. Ma non c’è niente da fare: i semi cadono dal cielo grigio, e intorno a me solo rose nere.
Fra questi cespugli non vedo persone, immagini, ricordi, sensazioni, emozioni. Non c’è un amico che mi poggia la mano sulla spalla, mi indica una figura lontana lontana e mi dice: «Guarda, c’è Lei». No, non ci sono amici, e non c’è Lei, e forse è meglio così. Niente di tutto questo, solo nero.
E allora, signori miei, buonanotte. Io chiudo gli occhi per dormire. E non disturbatemi, perché ‘non mi sveglierò per veder nascere una nuova rosa nera’”.
Mario Iaquinta