Nota: Questo è il racconto col quale ho partecipato al progetto "Roba da scrittori - L'ombra dell'ignoto" (maggiori informazioni qui) dal titolo "Le mie parole". È strutturato come un diario e dunque verrà aggiornato come tale.
«Le immutabili stagioni
mi pugnalano nel tempo
e perdono di me
le ore non viste
Sopravvivrò a me stesso?
Non voglio».
Giorno 10
Sto giocando con me stesso al gatto col topo: sto assottigliando questo quaderno senza concludere niente di buono. Lascio solo le pagine con questo strano diario, forse con l’idea di lasciare qualche segno di me. Ma, ora che ci penso, anche questa è un’idea stupida: chi mai leggerà ciò che scrivo? È strano: per tutta la vita ho scritto col timore che qualcuno mi leggesse e mi stroncasse i sogni, ora che vorrei farmi vedere nessuno poserà mai gli occhi sulle mie parole. Comincio a considerarmi ridicolo, passo dopo passo perdo la mia guerra e persino me stesso.
Ho bisogno di vedere altro, sto impazzendo! La Fantasia mi ignora, non vuole aiutarmi, il paesaggio sempre identico mi sta annichilendo. So che sembra ridicolo, ma le pareti sono bianche come un foglio di carta, forse posso provare a disegnarci qualcosa, non so.
«Ma se al calar del giorno
la notte ci mancasse?
Se le tenebre codarde
volassero via come le rondini?
Potrebbe il mondo
vivere lo stesso?
Ed io, perso in un mondo dentro me,
potrei?»
Forse non sono male, ma non so più che pensare. Sento decisamente che qualcosa mi manca, e questa assenza mi colpisce con violenza. Sapessi almeno cosa fosse, maledizione!
P.S.
Come avrete potuto notare questo non è un racconto canonico, vira decisamente e pericolosamente verso il filosofico; è pieno zeppo delle cose che ho studiato. Ho sempre pensato che sia normale che quando si scrive qualcosa ci si inserisca dentro qualcosa che ci appartiene, ma al contempo ho altrettanto sempre sostenuto che quando metti quello che studi in quello che scrivi forse è il caso di smettere con una delle due attività. Visto che ho dovuto (almeno momentaneamente) smettere di studiare, ho deciso di continuare a scrivere. Regolatevi voi di conseguenza...
Questo racconto non ha vere e proprie dediche perché contrariamente a molte cose che ho scritto non ha una "Musa" di riferimento. È un racconto che nasce "a progetto", ma è un progetto di amici, quelli di "Roba da Scrittori" e del "Salotto Letterario Virtuale". Alle persone che ho conosciuto lì devo questo racconto e la parte di me che vi è connessa; se vogliamo rispettare l'etichetta potremmo dire che è dedicato a loro, ma per come la vedo io non ce ne sarebbe bisogno: questo racconto gli appartiene già.
Mario Iaquinta