"Benvenuto in mia casa. Entrate e lasciate un po' della felicità che recate"
(Dracula)

domenica 29 aprile 2012

Sulla cattiva strada

C’è un antico rito che, da quando l’ho conosciuto, mi affascina tanto perché lo trovo molto Romantico. È il φαρμακός (pharmakos), l’equivalente del capro espiatorio nell’antica Grecia. Un uomo orrendo, un mostro dall’aspetto orribile veniva cresciuto e curato dalla città a spese della comunità, poi il giorno stabilito questi veniva scacciato via a frustate e lanci di pietre. Era la società che crea qualcosa che odia per poter sfogarsi e scacciare via tutto ciò che le fa paura, un po’ come i famosi “due minuti di odio” nella civiltà disegnata da Orwell in “1984”.
Tutto ciò mi porta a concludere che è davvero necessario che qualcuno stia male affinché gli altri stiano bene: che sia il Fato, la società o la nostra cultura a deciderlo fa poca differenza, è così.
Mi è venuto quindi in mente un altro personaggio, che ha alcuni lati in comune con questi pensieri: è l’uomo de “La cattiva strada” di Fabrizio De André.



La cattiva strada - Fabrizio De André


La strada che percorre in realtà non è così cattiva, ma lo è per la società che gli sta intorno; pure lui è una sorta di reietto. Ma compie uno strano servizio: entra nella vita delle persone, fa tutto ciò che può per migliorarle e poi se ne va. Mentre le persone che lo seguono ad un certo punto possono fermarsi, lui prosegue:

“e quando poi sparì del tutto
a chi diceva «È stato un male»
a chi diceva «È stato un bene»
raccomandò «Non vi conviene
venir con me dovunque vada,
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada.»”


Tutti hanno un amore sulla cattiva strada, tranne lui, che di fatto è la cattiva strada, che non può fermarsi a goderne.
Chissà se la cosa gli pesa… forse no, o almeno lo spero. Vivere sulla cattiva strada non dev’essere bello, ma se sai che lo stai facendo per quelli che ami, allora forse lo fai anche con piacere. E quando verrà l’ora di uscire dalla scena delle loro vite, basta un inchino e un gesto di saluto, tanto loro hanno il loro amore.
Allora forse "adesso è giusto, giusto, è giusto che io vada
sulla cattiva strada"


Mario Iaquinta

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